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Il pranayama

"Quando il respiro è agitato,
anche la mente è instabile,
ma quando il respiro si acquieta,
anche la mente è in pace"

Hatha yoga pradipika

"[La mente si rischiara] mediante
l'emissione e la ritenzione del respiro".

Yoga sutra, I, 34

Pranayama significa controllo (ayana) del prana. Esso è così importante nella pratica sia dello hatha che raja yoga perchè c'è una stretta correlazione tra prana e mente. Il prana è presente in tutti i livelli della manifestazione. La coscienza, che si esprime attraverso alla mente, non potrebbe entrare in contatto con la materia senza la mediazione del prana. Esso combina misteriosamente in sè stesso le qualità fondamentali sia della coscienza che la materia. Sebbene il prana e il respiro non siano la stessa cosa, c'è una stessa correlazione tra i due; manipolando il respiro si modificano le correnti del prana. Nello hatha la manipolazione delle correnti praniche portano al controllo della citta vritti (variazioni della mente); nel raja yoga le citta vritti vengono controllate dalla mente attraverso alla volontà; Patanjali negli yoga sutra li usa entrambi per rendere la tecnica più efficace possibile.

 
E' bene iniziare la pratica del pranayama da soli?
 
La pratica del pranayama è estremamente potente, e se eseguita incautamente può provocare gravi danni. Essa deve essere progressiva ed eseguita sotto la guida di persone esperte e qualificate; prima di intraprendere un lavoro sistematico bisognerebbe aver padroneggiato in una buona misura la pratica delle asana (non a caso il pranajama è il quarto anga degli yoga sutra).

Vi sono diversi livelli di pratica, di cui i primi due sono propedeutici al vero e proprio pranayama:
1) Il respiro profondo. Esso ha degli aspetti benefici in quanto permette di assorbire maggiori quantità di ossigeno e di prana e ha degli effetti sicuramente positivi sulla salute; aiuta a calmare le emozioni; non influisce sulle correnti del prana, quindi non è pericoloso.
2) Respirazione alternata. Il respiro a narici alternate comincia a modificare le correnti del prana. Esso permette di purificare le nadi (i canali di energia sottile). Esso è un respiro preparatorio e dovrebbe essere praticato per molto tempo prima di intraprendere il pranayama vero e proprio. Induce uno stato di calma e assenza di irritabilità mentale. E' un esercizio che se praticato con cautela non presenta rischi particolari, tuttavia sarebbe bene esegiorlo seguiti da un praticante esperto.
3) Il pranayama vero e proprio inizia con la pratica della ritenzione del respiro: tra l'inspirazione e l'espirazione si inserisce un periodo di trattenimento, sia a polmoni pieni che vuoti. Si inizia da tempi molto brevi che cautamente e progressivamente vengono dilatati. La ritenzione del respiro, chiamata kumbhaka, altera in modo consistente le correnti praniche, permettendo allo yogin di dirigerle nel modo che desidera. Come accennato prima, questa terza fase deve essere praticata sotto la guida di un maestro.